Recensione del CD dodici:
Il nome, se non tutto, comunque dice molto: l’ensemble bolognese fondato nel 1994 da Mario Martignoni ha come principale campo di interesse le percussioni, tanto quelle convenzionali quanto quelle più insolite e meno ortodosse. Nal corso di quasi tre lustri di attività, la formazione è mutata, si è espansa, ha collaborato con numerose realtà, appartenenti a discipline differenti (danza, video, ma anche arti figurative e letteratura) e, al contempo, ha portato avanti la propria idea di un “teatro sonoro” in cui gli strumenti e il silenzio evochino situazioni ed emozioni con la sola forza delle loro timbriche. Un progetto che con “dodici” raggiunge un efficace compimento: spaziando dell’etnica al jazz più o meno free, da istanza canterburyane fino a una sorta di ambient post-industriale non così lontana dagli Einsturzende Neubauten meno fragorosi, il quintetto riesce a rendere avvincente e – a suo modo – accessibile la propria indole sperimentale, dando vita a quadri musicali avvolgenti e dal grande fascino notturno, in cui il gioco di vuoti e pieni crea atmosfere cangianti come gli stati d’animo che vogliono (e riescono a) suscitare. Sfiorando l’atonalità ma anche la forma-canzone, spezzando e ricomponendo ritmi e battiti e giocando con piglio teatrale con le voci; e regalando con “Lucie e l’amore” un quadretto di incantata dolcezza melodica. Aurelio Pasini